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Pluralismo sembra essere il filo conduttore di questo numero. Più cardinali, da più parti del mondo, in Vaticano. Più spazio alle altre culture religiose a scuola. Conservare un punto di vista religioso anche nei paesi laici. Insomma non abituarsi ad un punto di vista unico, anche se è il proprio. Credo che questi siano tempi in cui il pluralismo, il dialogo, il confronto e la capacità di mettere in discussione il proprio punto di vista sia quanto mai essenziale.
Fine del prologo, si comincia!
Nuovi cardinali in Vaticano.
Sabato Papa Francesco ha creato 21 nuovi cardinali. Aveva annunciato l’elenco dei nuovi porporati - che comprende venti cardinali elettori, cioè con meno di 80 anni e un solo non elettore, l’italiano Angelo Acerbi, 99 anni, ex nunzio apostolico, probabilmente il più anziano porporato mai nominato - lo scorso 6 ottobre, all’Angelus. Successivamente, il 22 ottobre, uno dei 21 nominati, il vescovo indonesiano di Bogor, il francescano Paskalis Bruno Syukur, ha chiesto al Papa di non essere creato cardinale per «crescere ancora nella vita sacerdotale, nel servizio alla Chiesa e al popolo di Dio». E il Papa ha accolto la sua richiesta. Lo stesso Francesco ha infine annunciato, il 4 novembre scorso, la nomina a cardinale dell’arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia, riportando così a 21 il numero delle nuove porpore. L’elenco abbraccia tutti e cinque i continenti e porta a 253 il numero dei componenti del Collegio cardinalizio. Fra questi, 140 sono quelli con diritto di voto, numero più alto mai registrato da quando Paolo VI stabilì in 120 il numero massimo degli infraottantenni (anche se nel 2025 in 14 raggiungeranno questa età). Avvenire.
L’insegnamento di religione cambi. Lo chiede la CEI
Il vescovo Derio Olivero, presidente della Commissione episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Cei, che, su La rivista del clero italiano, ha di recente pubblicato un saggio nel quale prospetta un nuovo statuto dell’ora di religione.
"Nel 1984 lo Stato riconosceva il valore della cultura religiosa e i principi del cattolicesimo come parte integrante del ‘patrimonio storico del popolo italiano’ . A differenza del ’29, l’insegnamento della religione non era più inteso come ‘fondamento e coronamento’ del sistema scolastico. Il clima era cambiato, ma nel frattempo è mutato ancora. Viviamo un inedito pluralismo religioso e una post secolarizzazione che, se non si traduce in una ripresa delle pratiche religiose tradizionali, evidenzia dinamiche di ricerca spirituale imprevedibili".
Da cui discende una considerazione importante che apre ad una discussione forte nella scuola e nella società
"Non più un’ora di religione cattolica, facoltativa, quanto piuttosto un insegnamento obbligatorio del fenomeno religioso in chiave plurale per abilitare lo studente a diventare un cittadino capace di meglio comprendere la società in cui si trova – spiega il vescovo Olivero –, favorendo uno spirito ecumenico verso chi professa altre confessioni cristiane, altre fedi così come verso i nones, cioè chi non appartiene ad alcuna religione". La Chiesa cattolica così "potrà fare un passo indietro, rinunciando a uno spazio che le spetta di diritto per far fare alla società un passo avanti. Il pluralismo religioso, inteso come tema educativo, aiuta a ripensare la laicità in termini inclusivi più che eslusivi o per sottrazione".
Di che religione sono i migranti nel mondo?
La migrazione è cresciuta costantemente negli ultimi decenni. Oggi, più di 280 milioni di persone, ovvero il 3,6% della popolazione mondiale, sono migranti internazionali, ovvero vivono fuori dal loro paese di nascita.
Secondo una nuova analisi del Pew Research Center sui dati delle Nazioni Unite e su 270 censimenti e sondaggi, nel 2020, l'ultimo anno per cui sono disponibili dati globali, i cristiani rappresentavano circa il 47% di tutte le persone che vivevano al di fuori del loro Paese di nascita.
I musulmani rappresentavano il 29% di tutti i migranti viventi, seguiti dagli indù (5%), dai buddisti (4%) e dagli ebrei (1%).
I non affiliati religiosamente – vale a dire coloro che affermano di non avere religione o che si identificano come atei o agnostici – rappresentano il 13% di tutte le persone che hanno lasciato il loro paese di nascita e ora vivono altrove. 1
Negli ultimi tre decenni, il numero totale (o stock) di persone che vivono come migranti internazionali è aumentato dell'83%, superando la crescita della popolazione globale del 47%.
Santa Lucia è tra le feste più sentite nella laicissima Svezia
È sempre affascinante notare come la festa invernale più sentita in Svezia sia Santa Lucia (Sankta Lucia) – viene celebrata e amata anche in Danimarca e Norvegia, ma con meno importanza. Affascinante perché non ti aspetti che in un paese del Nord Europa, dal lato opposto del continente, si sia diffuso il culto di una martire siciliana, Siracusana nello specifico, che non è diffuso a livello omogeneo nemmeno in Italia (lo è in Sicilia, a Bergamo e Brescia, e poco più). Eppure, ha molto senso. Lucia è la protettrice dei non vedenti, ma anche la Santa che, come dice il nome, porta la Luce. E in una regione con un inverno lungo e buio come la Scandinavia, nel lungo processo di cristianizzazione Lucia si è sostituita alle antiche divinità pagane come portatrice della luce, ereditando però alcune delle tradizioni che sono sopravvissute ancora oggi (Istituto culturale nordico)
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Non so come funzioni in Svezia, ma quello che da sempre mi è parso interessante, in Italia, è che la festa di Santa Lucia assume contorni molto differenti a seconda delle latitudini. Per i bambini di Bergamo, Brescia e Venezia (e zone dominate da Venezia) Santa Lucia è la sana per porta i doni, i regali di Natale un tempo erano rari e residuali nei posti dove era Santa Lucia a portarli.
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A Siracusa, dove la santa è patrona ed è molto sentita, la festa non prevede alcun dono e sarebbe, invece, una festa di pentimento e ascetismo, non si prevedono doni ma preghiera e devozione.
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A Palermo, l'ascetismo, si è poi trasformato: se si deve fare penitenza questo comporta astenersi dal pane e dalla pasta, prodotti derivati dal grano ma frutto di lavoro. E così gli abitanti di Palermo colgono l'occasione (ma no! Chi lo avrebbe mai detto!) per mangiare sino a stare male (come l'imperatore Vitellio di Svetonio) ma, ovviamente, non pane e non pasta (e quindi arancine a profusione e cuccìa).