⛪#43 Notre Dame: una cattedrale cattolica cuore della Francia laicista
Finito il restauro è stata riconsacrata ma per Macron era in primis una questione di simbologia del proprio ruolo nazionale
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Penultima newsletter di questo primo anno di fatiche, questo vuol dire che il 22 dicembre ci saluteremo e ci ritroveremo a metà gennaio, precisamente il 12 con il primo numero del nuovo anno, sempre fatto salve urgenze assolute (e la possibilità di coprirle naturalmente). Questo anno è stato faticoso sotto molti punti di vista, ma anche ricco di soddisfazioni, una di queste è questa newsletter che ha trovato oltre 220 persone disposte a lasciarmi il proprio indirizzo di posta e quasi 300 che mi seguono come “follower”. Non lo credevo possibile, ne sono grato. In questo anno ho anche sviluppato nuovi contatti con gli altri moschettieri che si occupano di tematiche religiose e con cui ho iniziato un piccolo sodalizio che spero porti anche a qualche collaborazione insieme, sono bravissimi e posso solo essere grato di poterci collaborare (parlo naturalmente di Ilaria Biano e Simone Baldetti). Insomma un anno si chiude, un altro si aprirà a breve con uno dei più grandi eventi religiosi del mondo: il Giubileo (sebbene tecnicamente esso inizierà il 25 dicembre di quest’anno). Un buon auspicio per me.
Per quanto riguarda questa newsletter dovrò fare qualche scelta più “radicale”, per ora continuerà ad essere gratuita (con accesso limitato all’archivio ai soli supporter) ma prima o poi dovrò chiedervi un sostegno, e credo che punterò ad una formula che abbassi il prezzo annuale fortemente così da invogliare più persone a farci un pensierino, magari con sconti per chi regala uno o più abbonamenti. Che ne pensate? Fatemelo sapere!
Fine del prologo, si comincia!
Identità francese
«Un capoluogo della fede cattolica sta bruciando», disse Olivier Ribadeau-Dumas, portavoce della Conferenza Episcopale Francese il 15 aprile del 2019 mentre un rogo consumava quella che nell’esperienza dei francesi è considerata la “parrocchia della nazione”. Dall’altra parte dell’Oceano, il presidente Donald Trump twittava è “orribile a vedersi” e bisogna “agire presto”. Il presidente francese era Macron che subito prese impegni precisi a proposito della ricostruzione di un simbolo della Francia così importante al punto da essere definita una “ferita nazionale” .
Cinque anni dopo Macron può dire di aver mantenuto la promessa al mondo e allo stesso presidente americano. Strane circolarità della storia. Ma perché Notre-Dame ha questa importanza? Sicuramente per ragioni storiche e architettoniche, naturalmente perché è la chiesa più importante di una città cruciale negli equilibri europei come Parigi, ma come mai un paese laicista come la Francia è rimasta così sotto choc davanti al fuoco che ha distrutto una chiesa?
Lo stesso Macron l’ha definita una “metafora della vita della nazione” lo scorso 29 novembre, durante la sua ultima visita al cantiere della cattedrale, è in questi termini che Emmanuel Macron evoca Notre-Dame de Paris. Meno di un anno prima, il 31 dicembre 2023, durante i suoi auguri ai francesi, il Presidente della Repubblica aveva fatto dell'imminente riapertura dell'edificio un “orgoglio francese”.
Per la saggista Maryvonne de Saint-Pulgent, ex direttrice del patrimonio del Ministero della Cultura, Notre Dame rappresenta tutto questo, anche se “può sembrare sconcertante in una repubblica laica ” . "Abbiamo bisogno di un luogo che sia a lungo termine, un luogo segnato dal sacro, dove la nazione si unisca ", ritiene l'autore di "La Gloire de Notre-Dame: la foi et le pouvoir" (Gallimard, 2023) . Molti paesi hanno uno spazio simile, dove si celebrano alcuni grandi momenti della vita nazionale. Ne ha bisogno anche la Repubblica. Per i rivoluzionari il Pantheon avrebbe potuto essere questo tempio nazionale e repubblicano, ma è troppo recente e non ha la stessa sacralità. Fu quindi a Notre-Dame che ricadeva questo ruolo” (Le Monde).
Questa consacrazione è ormai avvenuta, ma ci sono voluti quasi due secoli per realizzarla. “Sotto i diversi regimi che si sono succeduti nel corso del XIX secolo , la cattedrale è stata teatro di cerimonie che associavano il potere politico alla religione cattolica, la più famosa delle quali è stata l'incoronazione di Napoleone I nel 1804 ”, ricorda la signora de Saint-Pulgent. Immortalata dal dipinto di Jacques-Louis David, l'incoronazione a Notre-Dame fu un grande momento di comunicazione politica per l'imperatore: gli permise di affermare il suo status di sovrano rompendo con la tradizione monarchica dell'incoronazione di Reims.
Fin dal Medioevo, la corona di Francia lo capì molto bene. Molti di essi sono teatro di sontuose cerimonie di santificazione della monarchia. È sotto le volte della cattedrale di Reims che viene unto il re di Francia, mentre a partire dal XIII secolo , " l'abitudine di esporre il cadavere del re defunto nella cattedrale di Notre-Dame divenne Signora di Parigi prima della sua sepoltura nell'abbazia". di Saint-Denis [oggi a Seine-Saint-Denis] " , ricorda il medievalista Claude Gauvard in un'opera dedicata a Notre-Dame de Paris. Nel periodo medievale, spiega la storica Colette Beaune in Naissance de la nation France (Gallimard, 1985), alcune cattedrali furono tra i luoghi in cui si sviluppò la "religione reale" , un insieme di credenze e riti che facevano del "re molto cristiano" un carattere sacro (Le Monde).
Destra e sinistra in Francia hanno voluto appropriarsi della cattedrale, anzi delle cattedrali sparse per il paese come di simboli. I primi in nome di una identità francese coincidente con quella cattolica, i secondi elevando queste opere al genio francese e al lavoro degli uomini. In entrambi i casi un forte lavoro di riappropriazione politica. Non si sfugge al corso Napoleone insomma che come detto ne ha voluto sancire la centralità nella ritualità del potere francese.
Un cuore sacro
Ma questo nulla toglie all’essenza religiosa della cattedrale in cui - durante l’intronizzazione della statua di Maria - in migliaia ha partecipato alla celebrazione
Lo scorso 15 novembre, infatti, al calar della sera tanti fedeli, non solo parigini, contemplavano quel chiarore, con il cuore gonfio d’una certezza: la Cattedrale di Notre-Dame è tornata ad essere una “casa”, da quando la sua porta centrale si è aperta quel giorno per il ritorno della Vergine con il Bambino, la statua trecentesca simbolo della venerazione mariana a Parigi, rimasta intatta in mezzo al rogo del 15 aprile 2019 e poi trasferita nella vicina chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois (Avvenire).
Così come il ritorno di una reliquia attribuita addirittura a Gesù Cristo, il tesoro religioso, simbolico (e non solo) più importante della Cattedrale: la Corona di spine.
tornata venerdì nella cattedrale, da cui era stata portata via in fretta e furia, con altri tesori, durante l'incendio del 2019. La corona è stata collocata nel suo nuovo reliquiario durante una celebrazione solenne nell'ambito di una serie di Messe ed eventi che si svolgeranno questa settimana dopo la riapertura del sito sacro, avvenuta sabato scorso dopo cinque anni di lavori di ricostruzione. “Siamo venuti per accompagnare la Sacra Corona al reliquiario”, ha detto l'arcivescovo di Parigi, Laurent Ulrich, ai fedeli riuniti per una celebrazione a cui si poteva accedere solo su prenotazione (AGI).
Lusso, potere, religione
L'enorme somma (500 milioni di euro) donata dalle famiglie Pinault, Arnault e Bettencourt, proprietarie dei gruppi Kering, LVMH e L'Oréal, ha spinto il filosofo Olivier Assouly a mettere in discussione il legame che le aziende del lusso mantengono con le cattedrali.
Secondo l’autore di Notre-Dame-du-Luxe (Le Pommier, 2022), queste donazioni intendevano “implicare l’esistenza di una continuità tra il lusso medievale che le cattedrali avrebbero incarnato e il lusso contemporaneo di alcuni grandi gruppi capitalistici . In questa prospettiva, le vetrate colorate sarebbero le lontane ascendenti delle borse. “I marchi di lusso, che devono farci dimenticare il più possibile il loro commercialismo” , spiega il filosofo, avrebbero così cercato di “capitalizzare simbolicamente l’immagine di Notre-Dame”, per “nascondere il loro volto avido dietro ben più nobili " .
Una suggestione davvero interessante alla luce della recente liturgia che sui social ha generato ironia per via dei colori delle casule dei partecipanti che ho scoperto essere opera dello stilista francese Jean-Charles de Castelbajac e realizzata dagli stessi laboratori artigianali di Chanel.
L'idea di Castelbajac era di riprendere i colori blu rossi gialli e verdi delle vetrate della Cattedrale di Notre Dame, che ritornano, quindi, sulle tonache nella forma di frammenti di colore. «La luce e lo splendore della Cattedrale hanno guidato il mio processo creativo e ho pensato alla brillantezza del colore sulla pietra bionda di Notre Dame. Il mio lavoro si è concentrato sul ritmo cromatico e sulla forza dell'oro. Facendo eco alle vetrate, il colore è onnipresente sulle casule bianche, intorno alla croce dorata», ha raccontato sotto a un post di Instagram. Anche se i colori delle tuniche sono dichiaratamente ispirati a quelli delle vetrate della Cattedrale, che rimandano a loro volta a simboli religiosi (il rosso è il sangue di Cristo, il blu è l'acqua e la Vergine Maria, il verde è la speranza e il giallo evoca l'oro e la luce), dice lo stilista che in realtà la gamma cromatica è anche profondamente “castelbajchiana”. Così i colori delle tuniche diventano una celebrazione gioiosa della bellezza di ritrovarsi insieme per un rituale. Lo conferma il Monsignor Ribadeau Dumas, rettore di Notre Dame, che in un comunicato stampa ha scritto: «La creazione di questi abiti manifesta tutta la cura apportata alla riapertura della cattedrale e la gioia di tornare a celebrare la liturgia». È la seconda volta che Jean-Charles de Castelbajac realizza degli abiti per la Chiesa: la prima volta era il 1997 e Giovanni Paolo II gli aveva commissionato le tuniche per la Giornata Mondiale della Gioventù a Parigi. Con la stessa passione per i colori luminosi, aveva disegnato degli abiti bianchi con al centro un arcobaleno (Vanity Fair).
Lo smacco di Francesco
Una cerimonia liturgica, quella presieduta dall’arcivescovo di Parigi Mons. Ulrich, che ha evidenti risonanze politiche e persino diplomatiche. Infatti oltre al Presidente francese Emmanuel Macron, erano presenti una cinquantina di personalità straniere, tra cui una trentina di capi di Stato e di governo. Tra le teste coronate presenti alla cerimonia vi erano monarchi di Regno Unito, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Monaco, Marocco, Giordania e Qatar, oltre a membri secondari di altre famiglie reali. Vi erano anche presenti il Presidente tedesco Frank Walter Steinmeier, il Presidente italiano Sergio Mattarella, Volodymyr Zelensky per l’Ucraina, il Presidente brasiliano Lula, ecc. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il Presidente eletto Donald Trump ha assunto il suo primo impegno internazionale alla testa di una folta delegazione (incluso Elon Musk), mentre il Presidente in carica è stato rappresentato dalla First Lady Jill Biden.
La presenza del Presidente eletto si spiega anche dall’entità delle donazioni fatte dagli americani per il restauro della cattedrale, a testimonianza di un fortissimo attaccamento culturale a un simbolo della vecchia Europa, che probabilmente non si ritrova nella stessa misura in nessun’altra cattedrale.
Invece, la presenza del governo dimissionario ha ricordato che, mentre Emmanuel Macron sperava di trasformare questo momento in un momento di unità nazionale, la realtà più prosaica è quella di una crisi di governo di dimensioni senza precedenti, iniziata lo scorso giugno con la decisione di sciogliere l’Assemblea Nazionale (Le Grand Continent).
In tutto questo il Papa non era presente, a differenza di quanto avrebbe voluto Macron, nonostante oggi Francesco sarà in Francia ma in una posizione assolutamente decentrata: la Corsica. Prima volta di un pontefice nell’isola.
È la terza volta che Papa Francesco è in Francia. La prima, nel 2014, era stato a Strasburgo per visitare il Parlamento Ue. La seconda, nel 2023, era andato a Marsiglia in occasione degli Incontri del Mediterraneo, per intervenire sul tema che gli è caro dell’emergenza migranti, e celebrò anche una messa gigante allo stadio Vélodrome: “Andrò a Marsiglia, non in Francia”, disse all’epoca. Il suo terzo viaggio lo fa dunque in Corsica, anche questa volta non si tratta di una visita di Stato, e anche questa volta, dunque, non è a Parigi, a solo una settimana dalla cerimonia ufficiale di riapertura della cattedrale Notre-Dame, a cinque anni dall’incendio. I media francesi avevano rivelato il disappunto di Macron incassando il rifiuto del Papa di partecipare all’evento parigino organizzato in pompa magna. Le Figaro aveva fatto notare come l’ufficializzazione del viaggio papale a Ajaccio, per quanto ormai sicuro da settimane, fosse arrivato molto tardi, e questo perché l’Eliseo tardava a inviare la lettera d’invito in Vaticano. Le Monde aveva scritto che l’Eliseo aveva chiamato al telefono il vescovo di Ajaccio, François-Xavier Bustillo, per rimproverarlo del timing scelto per organizzare il suo incontro.
Il mediatico cardinale franco-spagnolo, 56 anni, che sarebbe molto vicino a Bergoglio, era intervenuto sui media per dire che non c’è nessun “conflitto” tra il Papa e Macron, ma “rispetto e ammirazione reciproci”. Si è molto chiacchierato in Francia sul perché di quel rifiuto papale: si è parlato del maggiore interesse di Francesco per le “periferie”, per la “religiosità popolare” e per le problematiche legate al Mediterraneo, al centro, appunto, della riunione di Ajaccio. C’è da chiedersi se il Papa avrebbe apprezzato di ritrovarsi seduto in chiesa accanto a Donald Trump, se avrebbe apprezzato la cerimonia fastosa voluta dall’Eliseo e dalle élites della Chiesa di Francia, con i fedeli essenzialmente relegati oltre il perimetro di sicurezza, cioè fuori e lontano dalla chiesa, e la sfilata di moda dell’arcivescovo e dei sacerdoti con gli abiti liturgici firmati Jean-Charles de Castelbajac, lo stilista delle star (e di Giovanni Paolo II) (Il Fatto Quotidiano).
Insomma una tensione tra il centro e la periferia in pieno stile Bergoglio, interessante proprio perché tutto avviene in maniera quasi sincronica e a pochissimi giorni dall’apertura dell’anno giubilare che sarà per forza di cose anche un evento mediatico, economico, simbolico ma che nella testa del pontefice è esclusivamente rivolto alla “cura d’anime”, con poco interesse sulla ricaduta comunicativa delegata completamente a monsignor Fisichella, prefetto per la Nuova Evangelizzazione.
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a proposito della comunità Amish degli USA che sta subendo una serie importante di trasformazioni e in cui - almeno parzialmente - sembra arrivato un pezzo di modernità. Un focus che parte dalle recenti elezioni americane ma non si limita alla questione politica:Un consiglio - specie per chi è appassionato di oriente - di lettura anche per quello che riguarda
che affronta una figura essenziale della religiosità cinese, declinato poi nella sua rappresentazione videoludica. Una premessa esseniale, di cui non si può fare a meno di tenere conto, per fruirla pienamente.🫶 Siamo arrivati alla fine di questa newsletter, spero ti sia piaciuta. Dammi un feedback se puoi ma soprattutto - se questo mio lavoro ti piace - fai conoscere ai tuoi amici questo progetto, vuoi? Intanto alla prossima settimana!
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