📖#68 Una cosa che ho letto /2
Era da parecchio che volevo misurarmi con la questione "queer", ho deciso di iniziare dall'ultimo testo di Michela Murgia "God Save the Queer"
📬Questa è Sacro&Profano, la newsletter che ogni settimana ti fa capire due o tre cose sul mondo attraverso le lenti della religione, senza essere confessionale.
Arrivo tardi ma arrivo, sono come le Ferrovie dello Stato. In realtà questo pezzo era pronto ma sono stato in viaggio per questioni di famiglia e questo mi ha impedito di fare le correzioni utili per la pubblicazione e ieri sono arrivato a casa dopo 470 km di viaggio in auto da solo, l’idea di chiudermi davanti al computer invece di stare con le persone che amo mi sembrava sbagliata oltre che infattibile per la stanchezza. Come già accennato in precedenza siamo arrivati ad un momento di vicinanza con le vacanze, questo pezzo è anche un invito alla lettura che possa essere uno spunto da portare in baita o sotto l’ombrellone, come volete, così come lo era il precedente e come sarà quello che spero di mandarvi quanto prima nel mese di luglio, e sarà uno dei due soli invii che farò in questo mese, a cui seguiranno di massima zero invii per il mese di agosto. Ho bisogno di staccare, ho bisogno di nuovi spunti e per farlo devo potermi prendere del tempo, inoltre la nuova stagione lavorativa da settembre si preannuncia calda e sto collaborando alla cura di un progetto che - se va in porto - è qualcosa di cui vi parlerò sicuramente!
Fine del prologo, si comincia!
Michela Murgia è stata una scrittrice, intellettuale, attivista e - indubbiamente - una voce pubblica tra le più originali della cultura italiana contemporanea. Nata a Cabras, in Sardegna, è emersa inizialmente con il romanzo Accabadora (2009), vincitore del Premio Campiello, che le ha dato notorietà nazionale. Nei suoi libri – tra narrativa, saggistica e pamphlet – ha sempre intrecciato temi identitari, spirituali e politici.
Era profondamente cattolica, ma anche femminista convinta e sostenitrice dei diritti LGBTQIA+ come si evince da tante cose scritte da lei, compreso il librino di cui parliamo oggi, ma anche altri e tanti contributi sui giornali o in eventi e interviste. Questa duplice appartenenza è stata spesso al centro del suo impegno: non ha mai smesso di criticare la Chiesa da dentro, proponendo una spiritualità radicalmente inclusiva e incarnata, ma non ha mai pensato di abbandonare la sua fede e la sua appartenenza alla chiesa cattolica e personalmente questo è un tratto di coerenza che mi ha sempre colpito, al di là della vicinanza o meno con le sue posizioni. Negli ultimi anni, ha affrontato la malattia (un cancro ai reni) con grande lucidità, parlando apertamente della morte e continuando a scrivere fino alla fine. God Save the Queer è uno dei suoi ultimi testi, manifesto del suo pensiero più maturo.
Nel cuore del mese del Pride mi sembrava interessante parlarvi di un libro che interseca la tematica del Pride stesso (quindi il mondo LGBTQI+) e quello del pensiero religioso di cui provo ad occuparmi io. Ho letto God Save the Queer. Catechismo femminista (Einaudi) di Michela Murgia in due giorni e non solo perché è un libro agile e di facile lettura, anche grazie ad una scrittura agile che parte sempre dal vissuto personale, ma anche perché è interessante anche per chi non si ritrova in ogni asserzione della Murgia. I problemi che pone sono reali perché le persone coinvolte sono reali: da Michela, ai tanti fedeli queer, fino a Gesù e alla Madonna.
Il libro si rivela una lettura preziosa per chi desidera esplorare, con coraggio e intelligenza, l’incrocio tra spiritualità, genere e fede, un testo che propone una critica queer che non è affatto sterile o ideologica: al contrario, si fa strumento per generare domande profonde su Dio, la Chiesa e la possibilità di credere senza dover rientrare in categorie precostituite e per indicare anche modalità di esplorazione della figura di Cristo e di Dio con la cosiddetta “pratica della soglia” che Marinella Perrone (teologa e fondatrice dell’Associazione Teologhe Italiane, molto amica della Murgia) riassume così sulla Treccani proprio citando “God save the queer”:
«la queerness come pratica della soglia è adatta a ragionare di un Dio trino che nella Persona di Cristo ha detto ai suoi “Io sono la porta” (Gv 10,7-10)» (God, 12). Senza sminuire le difficoltà di avere a che fare con «la categoria umbratile del queer, che è inclassificabile, mobile, ontologicamente incertə, sfuggente e quindi pericolosamente fuori controllo» (God, 12), Murgia insiste sul fatto che la pratica della soglia rappresenta il cuore stesso della teologia quando mette a tema la dinamica trinitaria che ingenera la «consapevolezza di avere a che fare con un Dio che è tre volte amore in relazione non gerarchica» (God, 83); quando rende ragione del fatto che Gesù «è un Messia queer nel vero senso della parola, cioè eccentrico, insolito, nell’etimologia originaria tedesca anche un Messia “di traverso”, diagonale rispetto alle linee rette tracciate dalla società teocratica in cui vive» (God, 110s); quando rende palese che lo Spirito è la «persona della Trinità meno determinabile secondo i nostri parametri, più caotica, senz’altro la più queer nel senso etimologico del termine ... l’agire imprevedibile dello Spirito è annunciato da Gesù proprio con la categoria del disorientamento, del suo non poter essere circoscritto» (God, 89)
La tensione che anima il libro è reale e autentica: Michela Murgia non gioca a provocare, ma tenta davvero di tenere insieme due identità che spesso si escludono a vicenda – il suo femminismo e la sua fede cattolica. Non si limita a denunciare i problemi del magistero ecclesiale sulla dicotomia “genere e sessualità”, ma costruisce – anche grazie alla categoria femminista del "partire da sé" – uno spazio nuovo in cui le soggettività queer possano credere senza sentirsi ospiti tollerati nella Chiesa.
Murgia propone due versioni del catechismo: la versione “ortodossa”, che ripete la dottrina, e la “queer”, che la interpella. È proprio in questa doppia voce che il libro trova la sua forza: non per creare confusione, ma per aprire varchi di senso. Il dubbio, anziché minaccia, diventa alleato di una fede viva e in ricerca.
L’autrice parte da una constatazione di fatto: “Chi ha identità non binarie o sessualità non eteronormate viene abituato fin da piccolo a sapere che la Chiesa non lo vuole”. Ma la sua risposta non è una rinuncia né una resa. È invece un tentativo di “restituire alla parola catechismo un significato non dogmatico, ma dialogico, personale e teologico insieme”.
“Non sono io a dover scegliere tra essere queer o essere credente: è la Chiesa che deve scegliere se essere ancora la Chiesa di tutti” afferma Murgia, mettendo in discussione l’idea di dover abbandonare la fede per restare fedeli a sé stessi
Un testo utile non solo a chi si riconosce nel movimento LGBTQIA+, ma anche a ogni credente che rifiuta la semplificazione e desidera una Chiesa più capace di ascolto e inclusione.
🏳️🌈 #22 Il primo eremita trans cattolico
📬Questa è Sacro&Profano, la newsletter che una volta a settimana ti fa capire due o tre cose sul mondo attraverso le lenti della religione, senza essere confessionale.
📬 Ti hanno inoltrato questa mail?
Se non l’hai ancora fatto, iscriviti a Sacro&Profano: esce una volta a settimana e dentro trovi pezzi di approfondimento, rassegne stampa su cultura, storia, politica e società letti attraverso la lente e le categorie del religioso.
P.S. Occhio che questa mail non ti finisca in spam!
Vi avevo detto che un mio piccolo saggio sarebbe stato pubblicato su un volume celebrativo dei 100 anni dalla nascita di René Girard dal titolo appunto di “Girard 100”. Quel giorno è arrivato, il volume - edito da La Scuola di Pitagora - è scaricabile gratuitamente sul sito della casa editrice. La quarta di copertina di questa raccolta dice:
René Girard, è stato uno dei grandi pensatori del Novecento, infaticabile disseppellitore di vittime e pensatore controcorrente. La sua teoria del desiderio mimetico (e del capro espiatorio) ha gettato nuova luce sulle dinamiche letterarie, sull’antropologia e sull’origine della cultura, con appassionante forza polemica. (…) Oggi la teoria mimetica girardiana trova applicazioni in diversi campi del sapere e rappresenta un ottimo antidoto contro le declinazioni contemporanee di uno scientismo positivista, riduzionista e incapace di cogliere la complessità del reale. Di tutto questo corposo testamento ci tocca, adesso, far tesoro. Trasformando la teoria mimetica in un paradigma interpretativo che, dalla letteratura attraverso le scienze umane e sociali, l’epistemologia e la storia del pensiero scientifico, possa tracciare uno spazio ibrido di ricerca interdisciplinare, nello spirito della collana di studi che ci ospita.
Il mio saggio è sul tema del mimesi applicata al lusso. Io mi sto leggendo i saggi altrui che sono interessantissimi, se avete modo di dare una occhiata, fatemi sapere cosa ne pensate.
🪞#44 Chi era René Girard?
📬Questa è Sacro&Profano, la newsletter che ogni settimana ti fa capire due o tre cose sul mondo attraverso le lenti della religione, senza essere confessionale.
📧 Newsletter da leggere e seguire.
Un piccolo network di substackers che si occupano di religione in modo professionale si è creata negli ultimi mesi. Per ora siamo in quattro, oltre a me vi invito a seguire e a iscrivervi a:
Giochi Sacri di Simone Baldetti
Senza Mulini di Elisa Belotti
The God Gap di Ilaria W. Biano
Il loro lavoro è di grande qualità e ad ogni uscita io imparo qualcosa, quindi mi raccomando vedete di seguirli e supportarli!
🫶 Siamo arrivati alla fine di questa newsletter, spero ti sia piaciuta. Dammi un feedback se puoi ma soprattutto - se questo mio lavoro ti piace - fai conoscere ai tuoi amici questo progetto, vuoi? Intanto alla prossima settimana!